IL RAMMENDO

(PAROLE E IMMAGINI)

Foto V Perugia – testi B. Spagnuolo

Era il tempo in cui le famiglie dovevano aspettare la fiera annuale, per comprare, se mancavano, gli attrezzi da lavoro, gli oggetti per la casa, qualche capo di bestiame e qualche stoffa necessaria a cucirsi o farsi cucire un nuovo abito, quando il vecchio non si poteva più rivoltare né riparare, o a confezionare i capi del corredo per eventuali figlie femmine. Anche le scarpe si confezionanavano in casa: le famiglie ospitavano il calzolaio, ogni due o tre anni, per tutti i giorni che occorrevano a confezionare le scarpe per tutta la famiglia. Tutti i membri della famiglia avevano un abito da indossare tutti i giorni e uno con cui “comparire” (cioè fare bella figura) nei gorni di festa, si sentivano ricchi e fortunati ed erano felici. Rammendare indumenti e biancheria era di vitale importanza.

Il corredo, che doveva durare per la vita, veniva integrato con la biancheria intima di lana grezza cardata, filata e lavorata ai ferri continuamente dalle donne di ogni famiglia, come calze, mutandoni invernali, maglie pesanti invernali a manica lunga e cannottiere leggere per le altre stagioni (in cui nessuno indossava camicie o camicette di cotone senza la cannottiera di lana leggera sotto, perché il sottile strato di lana isolava dal caldo, assorbiva il sudore, preveniva le polmoniti, garantiva il decoro e non arrecava offesa al pudore con trasparenze sfrontate e impudiche). Alle fiere, perciò, non si compravano indumenti né biancheria, ma solo qualche stoffa per confezionare i vestiti, che non si compravano pronti ma si confezionavano in casa o dai sarti. Non c’erano negozi di abbigliamento in giro ma c’era sempre, in ogni paese, un negozio con gli scaffali pieni di rotoli di stoffe che andavano dalle più calde alle più leggere e dalle più scure alle più sgargianti e persino “fiorate” (scisciyeatI). Quei negozi, tra le varie putiyI, erano quelli che esercitavano un inconscio fascino su grandi e piccini di ambo i sessi, perché, con i profumi tipici di ogni singola stoffa, formavano l’odore del nuovo che sapeva di opulenza e, con la gentilezza, le lusinghe, i complimenti e la galante assoluta efficienza competente dei proprietari, rendevano possibili gli acquisti improbabili, facevano luccicare gli occhi alle giovani donne e alimentavano i sogni delle future spose.

 

Da Angeli in ginocchio (La saga del popolo messapico)-*Angela (Gli eredi dei Messapi): «Il lavoro di rammendo era ritenuto arte leggera e veniva accantonato per i ritagli di tempo e per le giornate di maltempo. L’attesa della lievitazione del pane era ideale per il rammendo, perché gli indumenti da sistemare erano sempre molti e la lievitazione, specialmente nei periodi freddi, poteva durare anche fino al pomeriggio. Angela trovò un lenzuolo con un buco enorme. Non era possibile rammendarlo senza una pezza e, a pensarci bene, lo si doveva rinforzare in molti punti lisi e trasparenti. Salì al piano superiore, che dal lato sud risultava piano terra, e rovistò nel baule, tra pezze di vario colore, in cerca di pezze di tela bianca. Doveva assolutamente eseguire il rammendo con pezze dello stesso colore della biancheria e degli indumenti, altrimenti sua madre avrebbe detto che era discigneatI, senza virtù, e che avrebbe mandato in giro i familiari come il porco cinto, cioè con rattoppi non dignitosi dai ridicoli colori contrastanti.»

L’arte del rammendo era parte del sapere antico da tramandare di generazione in generazione. Era una delle doti che facevano la differenza tra una fanciulla senza virtù e disordinata (dimertI e dIscIgneatI) che era una sfortuna per lo sposo e per la famiglia nascente e la fanciulla virtuosa che, con le sue mani d’oro, sapeva come far durare a lungo la biancheria e gli oggetti della casa e, con la laboriosità e la parsimonia, moltiplicava il frutto del lavoro del suo sposo e rendeva ricca la famiglia. Dell’uomo che sposava una moglie dimertI si diceva che se anche “avesse portato il mare con le orecchie” (avesse cioè portato ogni genere di abbondanza), non avrebbe mai fatto profitto.

Il rammendo era inevitabile, perché, anche con tutte le accortezze, prima o poi i tessuti diventavano lisi e si strappavano. Rammendandoli, la donna accorta li rendeva utilizzabili per molto tempo e, se era anche virtuosa, faceva fare bella figura al marito, riparando i suoi indumenti in modo tanto garbato da renderli dignitosi e persino ammirati.

Le immagini sottostanti sono l’esempio di un rammendo virtuoso fatto a mano da Angela ultranovantenne.

Lo strappo in questa camicia da notte era sul bordo. Non disponendo di avanzi dello stesso tessuto, serviva una pezzolina di un colore che non stridesse troppo con la flanella né con il suo colore ed eccola. La pezzolina è stata applicata a mano sul retro dell’indumento e rifinita magistralmente anche sul rovescio, nonostante le mani incerte e tremanti.

E questo è il risultato sul diritto dell’orlo. I punti del rammendo fatto a mano sono garbati e “riservati” tanto che non si notavano affatto quando l’indumento era indossato.

L’altro strappo della stessa camicia da notte era più in alto del bordo. Ecco la toppa applicata sul rovescio

Ed ecco il rammendo sul diritto della camicia da notte

Il risultato nell’insieme dell’indumento intero è assolutamente irrilevante e si nota a fatica

Lo stesso discorso vale anche per le lenzuola e per tutta la biancheria della casa. Le donne virtuose rammendavano le lenzuola e le tovaglie da tavola con pezze prescrittivamente bianche e, ove possibile, di tessuto uguale, con lo stesso procedimento di rifinitura sul rovescio e di perfezionamento sul diritto usato sulla camicia da notte. Il rammendo che riusciva meno perfetto era quello degli asciugamani di lino tessuti al proprio telaio con preziosi disegni originali in rilievo, perché erano quasi indistruttibili e, quando si strappavano, era difficile avere in casa toppe dello stesso tessuto. Poteva accadere, perciò, che anche in casa delle donne più virtuose si vedesse qualcuno di quegli asciugamani con toppe di liscia resistente tela di cotone nel bel mezzo dell’esclusivo disegno del tessuto di lino. Le donne più grezze, preoccupate solo della durata e della funzionalità, chiudevano lo strappo sia nella biancheria che negli indumenti personali con qualsiasi pezza di tessuto disponibile e con cuciture grossolane, senza alcun riguardo per l’estetica. Angela era un’eccezione perché sapeva rammendare a mano con la stessa maestria con cui ricamava e, per la riparazione delle lenzuola, disponeva della macchina per cucire, la meravigliosa Singer a pedale che sua madre le aveva messo a disposizione.

Quando l’intervento di rinforzo del lenzuolo era massiccio, mettere la toppa a macchina poteva essere più veloce e accurato.

Il rammendo di qualità, però, quando era fatto a mano, non si distingueva da quello fatto a macchina, come nell’esempio qua sopra eseguito da Angela in tarda età parte a macchina e parte a mano.

Un rammendo molto importante era quello dei buchi nelle calze e nelle maglie, perché doveva essere preciso e minuto e non doveva creare increspature. La rammendatrice virtuosa prendeva con l’ago le asoline opposte della trama, le legava tra loro e chiudeva il buco ricostruendo i punti mancanti e questo era ciò che Angela aveva imparato da mamma Lucrezia, perciò riparava gli indumenti della sua famigliola e specialmente quelli del suo amato dragone in modo che sembrassero sempre nuovi. Le donne dImertI chiudevano i suddetti buchi unendo i bordi tra loro e cucendoli a punti grossolani, senza tener conto delle zone mancanti, creando delle increspature e dei bitorzoli brutti da vedere nelle maglie e fastidiosi e dolorosi nelle calze.

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